"In un regime totalitario gli idioti ottengono il potere con la violenza e gli intrighi... in una democrazia, attraverso libere elezioni..."

lunedì 12 agosto 2013

L'EGITTO SULL'ORLO DEL PRECIPIZIO

Autore: Emiliano Bonatti


E' scaduto stamattina l'ultimatum imposto dall'esercito egiziano ai sostenitori del deposto Presidente Morsi di liberare le piazze sede delle proteste anti-golpe che durano ormai da settimane. Tutte le cancellerie del mondo hanno gli occchi puntati su quanto avviene in queste ore al Cairo, perchè il rischio di duri scontri e di veri e propri "bagni di sangue" è quantomai probabile. Sono già circa 300 le vittime dei conflitti avvenuti da inizio luglio, a seguito della defenestrazione di Morsi da parte dell'esercito guidato dal Generale Al-Sissi, ed il numero è destinato a crescere esponenzialmente in caso di intervento diretto della polizia o dei militari per lo sgombero delle piazze occupate.

Al momento l'azione prevista per l'alba non è avvenuta, molto probabilmente perchè le stesse autorità temono che un'eventuale repressione possa innescare una spirale di violenza che decreti il vero big-bang della guerra civile. I Fratelli Musulmani ed i vari gruppi a loro collegati, però, non intendono mollare la presa sulla piazza. Anzi, proprio stamani hanno chiamato l'intera nazione alla mobilitazione generale contro il governo instaurato dai militari invitando "the people of Egypt in all provinces to go out on marches on Monday and gather everywhere". Da quanto trapela dalle agenzie di stampa sembra che l'invito abbia colto nel segno e proprio l'aumento del numero dei manifestanti pare essere servito da deterrente per dilazionare i tempi del previsto intervento armato.

I tentativi, peraltro ben poco determinati, da parte dei negoziatori internazionali di favorire una transizione pacifica della situazione non hanno raggiunto alcun risultato tangibile. E' d'altra parte una caratteristica intrinseca delle primavere arabe quella di non considerare gli interventi esterni come determinanti per condizionare l'evolversi delle cose, a meno che questi non avvengano, come in Libia, tramite l'uso delle armi. Ma attualmente nessuna nazione al mondo sarebbe disposta ad impegnarsi militarmente in un'eventuale guerra civile egiziana, per l'ovvio timore di restare impantanata in una scomodissima situazione sulla quale nessuno finora s'è espresso in maniera chiara. Pare ovvio che l'ìslamizzazione politica dei paesi arabi non piacerebbe a nessuno, a partire dagli Stati Uniti che vedrebbero ampliato il novero dei Paesi "nemici giurati" fino ad arrivare alla Russia che in Siria appoggia il regime di Assad nella lotta ai ribelli islamici. Dall'altro lato è ormai palese che elezioni democratiche in queste nazioni in transizione sono destinate a portare i partiti religiosi alla vittoria, grazie alla loro capacità di penetrazione nelle fasce più povere e meno secolarizzate della società.

Il problema di fondo, che piaccia o meno, risiede in uno dei cardini del processo di genesi delle moderne democrazie occidentali, ovvero l'espulsione della religione dalla gestione della "res-publica". Questo sviluppo ha permesso di relegare una questione fondamentalmente privata come il credo religioso alla semplice sfera privata dei cittadini. Finchè le istanze religiose influivano pesantemente sulla gestione della cosa pubblica la democrazia non poteva esistere perchè i valori assoluti di una parte tendevano ad essere imposti alla globalità. In democrazia, invece, un'eventuale maggioranza decide, garantendo pienamente i diritti di una minoranza sulla base della difesa di un range diffuso di valori. L'assolutismo dei valori, tipico della religione, è incompatibile col relativismo valoriale tipico della democrazia. Ed è proprio quello che è  avvenuto in Egitto quando Morsi ha tentato di islamizzare la Costituzione, prevaricando i valori portati avanti da altre "fette" della società egiziana.
La democrazia non si costruisce dal nulla, la democrazia non può essere esportata perchè si nutre di condizioni ben precise che una determinata società deve raggiungere. La costruzione democratica occidentale è stata eretta in secoli di lotte e sangue e, a quanto pare, buona parte degli Stati arabi è molto lontana dal raggiungere queste condizioni.

La situazione in Egitto può esplodere proprio in queste ore. Un'altra guerra civile nello scacchiere afro-mediorientale non porterebbe benefici a nessuno. Bisognerà valutare se l'esercito egiziano si senta abbastanza forte da potersi permettere gesti "pesanti" o se tenterà la strada della mediazione. Molto dipenderà anche dalle già segnalate infiltrazioni di terroristi all'interno dei gruppi di protesta e da loro eventuali tentativi di accendere ulteriormente la miccia.

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