"In un regime totalitario gli idioti ottengono il potere con la violenza e gli intrighi... in una democrazia, attraverso libere elezioni..."

mercoledì 4 novembre 2015

ISIS-LINKED: L’ATTIVITA’ DEI GRUPPI AFFILIATI AD ISIS AL DI FUORI DEI CONFINI DI IRAK E SIRIA

Autore: Emiliano Bonatti

Mentre nel teatro siriano e iracheno continuano, con risultati e obiettivi altalenanti, gli interventi delle coalizioni a guida americana e russa, l’appeal del fanatismo islamista dell’Isis continua a fare proseliti su gruppi di tagliagole sparsi in tutto il mondo arabo. L’ISW (Insitute for the study of war) pubblica un report che traccia l’attività di questi gruppi durante tutto il mese di ottobre. Un attacco a tutto tondo volto a incendiare le rivalità all’interno dello stesso mondo arabo, a colpire Israele, l’Occidente in generale e la new entry russa, colpevole di aver messo piede in territorio siriano. Dall’infografica realizzata da Il Quinto Elemento è possibile valutare i luoghi dove le cellule affiliate ad Isis hanno colpito.




  • 6 Ottobre (Yemen): Isis Wilayatr Aden-Abyan rivendica un attentato suicida a strutture militari e politiche presso la città di Aden;
  • 9 Ottobre (Afghanistan): Isis Wilayat Khorasan lancia un attacco contro un gruppo Sciita a Kabul;
  • 10 Ottobre (Turchia): 199 morti ad Ankara a seguito di un attentato suicida in una marcia per la pace, le autorità turche accusano la leadership siriana di Isis di aver diretto l’attacco;
  • 12 Ottobre (Russia): le autorità arrestano 10 presunti terroristi sospettati di organizzare un attentato sui mezzi pubblici di Mosca, da quanto emerge dalle indagini alcuni di loro si sono preparati in Siria presso i miliziani dell’Isis;
  • 14 Ottobre (Libia): Isis Wilayat Taralabus apre un tribunale islamico a Sirte, incaricato di amministrare esecuzioni, roghi di libri proibiti e obbligo per le donne di indossare il hijab;
  • 16 Ottobre (Arabia Saudita): Isis Wilayat Bahrain rivendica il suo primo attacco ad una moschea Sciita nell’est del paese;
  • 22 Ottobre (Israele): Isis rilascia il suo primo video in lingua ebrea ed uno in lingua araba in cui esalta le recenti violenze in Israele e incoraggia gli attacchi agli ebrei;
  • 24 Ottobre (Bangladesh): Isis rivendica un triplo attacco contro gli Sciiti a Dacca, dopo aver rivendicato i precedenti attentati del 29 Settembre e del 3 Ottobre;
  • 31 Ottobre (Egitto): Isis Wilayat Sinai rivendica l’attentato al jet russo caduto nel Sinai per punire l’intervento della Russia in Siria (le cause della caduta non sono ancora ad oggi chiare).

lunedì 2 novembre 2015

AL-ZAWAHIRI CHIAMA A RACCOLTA LE FORZE ISLAMISTE CONTRO RUSSIA E OCCIDENTE

Autore: Emiliano Bonatti


In una registrazione pubblicata nella giornata di ieri il leader di Al Qaeda Ayman al-Zawahiri ha lanciato un appello a tutti i sostenitori dei movimenti islamisti per unire le forze contro le diverse forze che stanno intervenendo in Siria ed Irak: “americani, russi, iraniani, alawiti ed Hezbollah stanno coordinando la loro guerra contro di noi, non siamo in grado di fermare i nostri contrasti e indirizzare il nostro impegno contro di loro?”. Queste le parole del successore di Osama Bin Laden, che mettono in luce il tentativo di una nuova evoluzione nei rapporti all’interno dell’estremismo islamico. In una registrazione pubblicata nello scorso settembre, infatti, lo stesso al-Zawahiri “bollava” lo Stato Islamico e il suo leader al-Baghdadi come entità non legittimate a rappresentare le istanze dell’ortodossia islamista, invitando i suoi seguaci a sposare la causa di Al-Qaeda. Ora, invece, il leader auspica un “cessate il fuoco” tra le varie anime e una collaborazione contro un nemico comune.


Risulta impossibile attribuire una data precisa alla registrazione, ma la citazione di Russia e Iran nel messaggio garantisce che la stessa sia avvenuta dopo il 30 settembre, data di inizio dei raid aerei della coalizione guidata dalla Russia in Siria. “Miei fratelli di tutti i luoghi e di tutti i gruppi, stiamo subendo un’aggressione dall’America, dall’Europa e dalla Russia, quindi è tempo di essere uniti come un’unica forza”, continua al-Zawahiri. Lo stesso Stato Islamico, nelle scorse settimane, ha chiamato i fedeli alla guerra santa contro Russia e Stati Uniti. Un’eventuale “collaborazione” tra Isis e Al-Qaeda in territorio siriano e iracheno renderebbe ulteriormente complicata la situazione sul campo ed i tentativi di stabilizzazione dello scacchiere medio-orientale.



Questa strana convergenza tra gruppi fino a ieri profondamente divisi e il senso stesso del messaggio del leader di Al-Qaeda, arrivato dopo l’inizio degli interventi russi in Siria, possono essere interpretati come un parziale segnale di debolezza o di paura per lo sviluppo della situazione del conflitto. I gruppi islamisti, seppur divisi, parevano riuscire ad affrontare, finora,  l’impatto dell’intervento della coalizione guidata dagli Stati Uniti. Probabilmente l’intervento russo, avvenuto con maggiore profondità e maggiore urto proprio sulle milizie di Al-Qaeda piuttosto che su quelle dell’Isis, pare aver ottenuto quantomeno l’effetto di scompaginare le carte sul tavolo.   


venerdì 30 ottobre 2015

TSIPRAS: LA GESTIONE DEL DRAMMA DEI MIGRANTI E’ UNA VERGOGNA PER L’EUROPA

Autore: Emiliano Bonatti



Mi vergogno come membro della leadership europea per l'incapacità dell'Europa di affrontare questo dramma umano e per il livello del dibattito ai più alti livelli, dove si gioca allo scaricabarile”. Queste le parole di Alexis Tsipras dopo l’ennesimo dramma consumato oggi sulle coste greche con la morte di almeno 22 migranti, tra cui diversi bambini. Come dargli torto? L’Europa ormai da mesi sta dando il peggio di se nell’affrontare i temi più scottanti dell’agenda internazionale. Proprio la lotta fratricida di questa estate sul debito greco ha sottolineato gli anni luce di distanza tra l’Europa reale e l’Europa dei popoli sognata nel dopoguerra dai padri fondatori del progetto europeista. Un insieme di Stati Nazione preoccupati del proprio orticello, capaci di imporre un ricatto mostruoso e condizioni mortificanti ad uno Stato membro che ha “osato” deragliare rispetto alla “cura” (inefficace peraltro) decisa da qualche potente Cancelliere nel Nord, bravissimo a bacchettare gli altri da un traballante pulpito di onestà e rigore, salvo poi trovarsi qualche scandalo di grossa dimensione proprio sotto casa. Nord contro Sud, alla faccia della “solidarietà” e della “fratellanza” che dovrebbero essere la base della costruzione socio-politica di un progetto di Unione.


Non molto diversamente si stanno comportando gli Stati membri nell’affrontare l’emergenza migranti. Riunioni, summit, ridicole e totalmente inutili decisioni prese sulla carta per mostrare al mondo che “qualcosa” si sta facendo. Peccato che poi, nella realtà, il peso dell’emergenza resta a carico dei tanto dileggiati paesi del Sud, con il Nord e l’Est che mostrano solidarietà ma che si guardano bene dal condividere il problema. L’Europa, specie per buona parte dei paesi dell’Est freschi di adesione, è una specie di supermarket di cui si sono presi i benefici (milioni di contributi per il rilancio delle proprie economie) ma di cui non si vogliono condividere i doveri. La Germania, che dichiarava solo qualche settimana fa una specie di “porte aperte per tutti”, ha già limato la propria posizione. Nel frattempo le persone continuano a morire e i cittadini europei iniziano a far fatica a mantenere un sano spirito di accoglienza. Siamo arrivati ai muri tra Stati, alle autorità di un paese che “accompagnano” i migranti ai confini di un altro, al tutti contro tutti. Un’Europa così non serve a nessuno e manca poco alla definitiva certificazione del fallimento dei tentativi di arrivare ad una vera unione socio-politica. Finchè si è parlato di unione economica, tutti d’accordo e tutti contenti. Quando si è cercato di andare su qualcosa di più “profondo” i risultati sono stati desolanti. L’Unione si sta suicidando, chiusa nel suo bunker di Bruxelles, e la sua impotenza sta dando grosso fiato ai movimenti anti-europeisti che hanno gioco fin troppo facile nel denunciare i colossali limiti ed errori delle istituzioni (il risultato delle elezioni polacche ne è un chiaro esempio). Spinelli si sta rivoltando nella tomba..



Tornando al dramma di oggi, nel solo mese di ottobre almeno 68 persone (di cui un enorme numero di bambini) sono morte al largo delle coste greche. Le piccole isole dell’Egeo stanno subendo una pressione ormai insostenibile. L’esempio dell’isola di Lesbo è esemplare: in un isola di 86.000 abitanti, solo nel 2° trimestre del 2015 sono sbarcati oltre 29.000 migranti. Facendo un rapido confronto, è come se in Sicilia (5 milioni di abitanti) sbarcasse più di un milione e mezzo di disperati.


mercoledì 28 ottobre 2015

SIRIA: LA RUSSIA SI VANTA, GLI ALTRI CRITICANO. DOV'E' LA VERITA'?

Autore: Emiliano Bonatti

Autorità e agenzie di stampa russe non perdono occasione, da giorni, di glorificare la potenza e la capacità delle forze armate di Putin di ottenere favolosi risultati nel loro intervento in Siria contro lo Stato Islamico. I vertici dell’esercito dichiarano che dall’inizio delle operazioni (30 settembre) sono state distrutte ben 819 strutture dei terroristi, grazie al perfetto lavoro delle forze aero-navali russe e della conseguente offensiva sul campo dell’esercito regolare di Assad. Sottolineano inoltre che tutti gli obiettivi sono stati colpiti in accordo con i “partners”  americani in aree sotto il completo controllo delle milizie dello Stato Islamico. Un report odierno segnala quanto riportato da una delegazione russa di ritorno dalla Siria, che segnala addirittura la fuga di centinaia di terroristi e il ritorno di migliaia di profughi nelle zone di origine. Un paese in cui diverse aree paiono già pronte per la ricostruzione, sotto la guida di un governo (quello di Assad) che la idee ben chiare su come risolvere la crisi e pacificare la nazione. Il tutto, condito da prospettive di enormi business per le imprese russe, alle quali il governo siriano garantirà ovviamente la “prelazione” per i lavori necessari a rimettere in piedi la nazione liberata dai terroristi. Insomma, dal lato russo arriva un bel libro ad usum propaganda in cui l’intervento nel teatro siriano rasenta i limiti della perfezione.


Sulla sponda opposta diverse voci tacciano come pura retorica fuorviante l’autocelebrazione di Putin. L’ISW (Institute for the story of war), basandosi su fonti attive nel teatro di guerra, segnala come la “campagna di disinformazione” russa sia solo un tentativo per presentare Mosca come un partner forte e costruttivo nello scacchiere siriano. Diversi bombardamenti segnalati contro postazioni Isis vengono regolarmente smentiti dagli attori sul campo, come i presunti raid aerei nella zona di Palmira, di cui le fonti impegnate sul terreno non hanno notizia. Così come la constatazione che la stragrande maggioranza degli interventi russi non abbia colpito i territori occupati dalle milizie dell’Isis, ma le postazione del FSA (Free Syrian Army), oppositore di Assad. Human Right Watch e UNHCR accusano Putin di aver ucciso un altissimo numero di civili e di aver provocato la fuga di diversi cittadini siriani dalle proprie case.


Nel frattempo gli Stati Uniti, secondo la Reuters, stanno valutando il dispiegamento di un piccolo numero di forze speciali in Siria e di alcuni elicotteri Apache in Irak. L’opzione è al vaglio di Obama, che resta comunque restio all’impiego di truppe di terra in teatri visti così lontani e ben poco “vitali” dall’opinione pubblica americana. Si tratterebbe, nel caso, di un cambio di passo pesante nella situazione intricata del calderone iracheno e siriano. Il rischio, però, sarebbe quello di creare ulteriore confusione in un teatro che già vede la presenza di un numero indefinito di attori. Gli obiettivi a medio-lungo termine di Stati Uniti e Russia sono opposti: Obama pone come condizione la caduta di Assad, mentre Putin è intervenuto in soccorso del prezioso alleato e, al di la delle dichiarazioni di facciata, cercherà di tenerlo in sella il più a lungo possibile.



Sarebbe dunque difficile, sul campo, capire chi sono gli “amici” e chi sono i “nemici” (già adesso regna il caos). E si sa, a volte basta una piccola miccia per scatenare l’inferno… 

Siria Irak attori fazioni coalizioni



lunedì 26 ottobre 2015

I DATI DI FRONTEX SUI FLUSSI MIGRATORI

Autore: Emiliano Bonatti


Il Risk Analysis Network di FRONTEX, l'agenzia europea per la gestione delle frontiere esterne dell'Unione, ha pubblicato lo scorso 7 ottobre il report trimestrale sulla situazione dei flussi migratori che premono ai confini del continente. Se da un lato l'agenzia pare in perenne difficoltà nell'espletare la propria mission istituzionale di gestione delle frontiere (dimostrata dalla richiesta di ulteriori 775 agenti agli Stati membri dell'UE datata 2 ottobre), dall'altro è quantomeno in grado di produrre statistiche interessanti che possono aiutare a comprendere la situazione sul campo.


Il report appena pubblicato riguarda i dati rilevati nel secondo trimestre 2015, confrontati col primo trimestre 2015 e l'intero anno 2014. Il primo macro-dato che balza agli occhi è quello che, nel confronto tra il 2° trimestre 2015 e il 2° trimestre 2014, segnala un aumento globale degli ingressi di migranti nel territorio UE del 147% (170.155 unità contro 68.867), con un aumento delle richieste di asilo pari al 65%. Nella valutazione delle singole rotte dei flussi è la "Eastern Meditteranean Route" (Grecia e Bulgaria i primi paesi membri coinvolti) quella che ha subito il maggior aumento della pressione, pari al 670% di ingressi in più rispetto al 2° semestre 2014 (68.178 unità contro 6.767). Strettamente legato a questo flusso è l'aumento della pressione sulla "Western Balkan Route", che ha visto l'ingresso di 34.559 migranti che, una volta arrivati in Grecia o Bulgaria, hanno preferito attraversare i Balcani occidentali e rientrare nuovamente in territorio UE tramite il confine con la Serbia.


Flussi migratori dati frontex Il Quinto Elemento
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La "Central Meditteranean Route", che preme su Malta e Italia, ha visto un aumento globale decisamente meno significativo (+13% - 60.179 unità contro 53.054), accompagnato da una differenziazione delle nazionalità dei migranti. Da un lato i cittadini di origine siriana si sono ridotti di un terzo rispetto alla rilevazione del 2014, spostandosi di fatto verso la Eastearn Mediterranean Route considerata meno pericolosa e più economica. Dall'altro lato sono aumentati i migranti di origine sub-sahariana (+20%) e provenienti dal corno d'Africa (Eritrei, Somali ed Etiopi). Il dato assoluto relativo alla nazionalità dei migranti vede ai primi tre posti i cittadini siriani (32% - 54.923 unità ), seguiti dagli afgani (18% - 31.022 unità) e dagli eirtrei (10% - 17.440 unità). Sul totale di 170.155 attraversamenti delle frontiere UE, il 75% è avvenuto via mare, mentre il restante 25% via terra.


Frontex flussi migratori dati statistici Il Quinto Elemento
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Dal punto di vista dei rimpatri, nel secondo trimestre 2015 sono state emesse 72.168 ordinanze di espulsione (che non significano immediato rimpratio della persona), mentre il numero effettivo di cittadini extracomunitari tornati in paesi terzi è pari a 42.741 unità. Di questi, sorprendentemente, un 40% è considerato "volontario". Molto interessante è il dato che riguarda il numero dei documenti falsi riscontrati sia nei movimenti intra-UE che nei movimenti extra-UE. Nei movimenti intra-UE si possono notare due facce della medaglia. Da un lato si vede un calo dei documenti falsi nei voli interni all'area Schengen, dovuto secondo Frontex al crollo del numero di Eritrei e Somali che, una volta entrati illegalmente nei confini UE, viaggiavano con documenti contraffatti dagli aeroporti italiani verso i paesi del nord. Dall'altro lato si riscontra invece un aumento esponenziale (+88% - 1.134 casi) di falsi documenti nei viaggi verso paesi UE non aderenti al Trattato di Schengen (UK e Irlanda), con il record di cittadini albanesi e ucraini in possesso di falsi documenti italiani o greci in partenza dai principali scali d'Italia. Nei movimenti di ingresso da paesi extra-UE, il numero maggiore di documenti contraffatti è stato riscontrato nei cittadini ucraini (364), siriani (179) e marocchini (162).
Nel corso del secondo trimestre 2015 sono stati arrestati 3.162 individui legati al traffico di migranti, con un aumento del 20% rispetto al 2014 a conseguenza del rafforzamento dell’attività delle forze di polizia spagnole e italiane. La maggior parte degli arrestati è di nazionalità marocchina, spagnola e albanese.


Il testo integrale del report può essere scaricato qui.



giovedì 9 luglio 2015

LA CRISI GRECA, GRANDE OPPORTUNITÀ PER L’EUROPA

Autore: Angelo Paulon


In effetti il titolo qui sopra potrebbe sembrare contraddittorio, persino insultante. Ma come: l’esito della consultazione popolare greca del 5 luglio e le ipotesi, a quanto pare sempre più concrete, di “Grexit” potrebbero avere effetti dirompenti sull’economia (non solo di Atene) e minare a fondo l’unità stessa dell’Europa così come la conosciamo, e qualcuno la vede come un’opportunità? Questa è follia pura! No, si tratta semplicemente di una provocazione. Di un pungolo, uno stimolo a pensare in maniera differente, magari inconsueta: a immaginare un’Europa finalmente diversa, conscia delle proprie potenzialità e in grado di assumere sullo scacchiere internazionale un ruolo di primo piano. Nella realtà, non a parole.

Ogni grande difficoltà porta con sé un’opportunità. La questione greca dà all’Europa la possibilità di ripensarsi (a beneficio dei suoi stessi cittadini, delle sue imprese, della sua economia) e di cominciare a riposizionarsi (sullo scacchiere internazionale). Per quanto riguarda il ripensarsi, è chiaro che la stessa notizia che sta circolando in queste ore, e cioè il fatto che l’UE starebbe studiando un piano di aiuti umanitari per la popolazione greca, dovrebbe suonare come qualcosa di molto più che un campanello d’allarme. È il segnale della sconfitta: il più bel progetto degli ultimi decenni, il sogno di un continente finalmente pacifico, prospero e in grado di garantire benessere a tutti i propri cittadini (sogno che pareva a portata di mano appena dopo la caduta del Muro), in frantumi. La sola ipotesi di dover fornire “aiuti umanitari” a cittadini dell’UE (la stessa formula usata per portare soccorsi alle popolazioni colpite da terremoti, carestie, guerre) dovrebbe fare accapponare la pelle a politici, tecnocrati, banchieri, teorici del default, burocrati. E soprattutto a noi, semplici spettatori. Oggi tocca ad Atene. Per chi suonerà la campana domani? È davvero questa l’Unione che ci serve? O non è forse giunto il momento di comprendere che se l’UE continuerà a essere percepita come un ambiente nel quale i paesi forti tiranneggiano quelli deboli, la grande finanza e le banche perseguono cinicamente i propri interessi speculativi a scapito della qualità della vita delle persone, si rischia di avvitarsi in questa crisi e di non saper più tornare indietro?

Quanto al riposizionarsi, è del tutto evidente che, in questo preciso momento storico, l’Europa così com’è non ha reale voce in capitolo praticamente in nessuna delle questioni davvero rilevanti sullo scacchiere internazionale. Dai negoziati sul nucleare iraniano alla lotta contro lo Stato Islamico, sino ai tentativi di risoluzione della crisi ucraina, l’UE in quanto tale gioca un ruolo assolutamente secondario. È presente, ma non viene considerata un attore in grado di avere una reale influenza sui processi decisionali volti a governare queste criticità: al massimo, come compagna di viaggio degli USA che appiattisce le proprie posizioni a quelle del grande alleato d’oltreoceano. A volte anche pedissequamente e contro i propri stessi interessi, come nel caso delle sanzioni alla Russia: per informazioni, rivolgersi agli imprenditori tedeschi, italiani, francesi e non solo, che stanno perdendo miliardi di Euro in interscambi commerciali. Spesso, i singoli Stati membri si muovono in maniera convulsa e a dir poco disorganica, a volte in palese contraddizione l’uno con l’altro. Cosa tanto più grave, se consideriamo che in questo momento storico nessuno dei paesi europei, singolarmente, può giocare un ruolo di rilievo sullo scenario internazionale: nemmeno la potente Germania, da sola, può competere in termini di importanza geopolitica con i grandi giocatori quali USA, Cina, Russia.

S’è fatto un gran parlare, nei giorni scorsi, del possibile accordo tra Grecia e Russia grazie al quale questa potrebbe fornire ad Atene 5 miliardi di Euro in pagamenti anticipati per i futuri diritti di passaggio del gas russo, proveniente dalla Turchia, sul territorio greco in attuazione del progetto Turk-Stream. Tale scenario ha immediatamente allarmato gli USA, preoccupati non tanto di evitare che la Grecia passi sotto l’ombrello protettivo di Mosca, quanto di preservare il processo di unificazione europea affinché l’Euro resista e continui a fare da cuscinetto di protezione del ruolo del dollaro. In realtà, la conduttura è ancora più nelle intenzioni che qualcosa di concreto: T. Maltby scrive su theconversation.com “Major questions remain regarding the feasibility of the project. All that has been agreed so far is a non-binding agreement to pursue the idea further. The timetable of construction is highly ambitious”. Ma dal punto di vista tattico, per l’UE, perché non approfittare di questo avvicinamento tra Tsipras e Putin per provare a costruire un nuovo ponte nelle relazioni euro-russe, oltretutto su un argomento di vitale importanza per l’intera Europa, ovvero l’approvvigionamento di fonti energetiche? Il gasdotto potrebbe facilmente giungere in Puglia, e di qui proseguire verso il Nord Europa grazie alla rete infrastrutturale che già esiste: con rendite di posizione interessanti, tra l’altro, anche per la stessa Italia. Il tutto, senza dover abbandonare il progetto TANAP, che nelle intenzioni dell’UE dovrà approvvigionare il vecchio continente con gas proveniente dall’Azerbaijan via Turchia.

E dunque, perché non cogliere l’occasione offerta, suo malgrado, dalla crisi greca per sparigliare un po’ le carte e modificare il proprio posizionamento? Perché non riappropriarsi di una propria dignità, di un’identità autonoma, indipendente, in grado di veicolare le enormi potenzialità del continente? È chiaro che non si può pensare di stravolgere in un batter d’occhio decenni di alleanza atlantica e di rapporti privilegiati (economici, militari, culturali, politici) con gli USA. E, in fondo, sarebbero in pochi a volerlo davvero. Ma se gli americani annunciano urbi et orbi di avere modificato le loro linee di condotta strategica, avendo ora non più come focus principale l’Atlantico ma il Pacifico; se raffreddano il loro coinvolgimento persino nello scenario dove opera il loro alleato storicamente più vicino (Israele), perché l’Europa non potrebbe fare altrettanto? Perché non dovrebbe ampliare, senza per questo stravolgere, i propri riferimenti geopolitici al fine di perseguire i propri interessi vitali?

Certo, né ripensare l’Europa, né riposizionarla sono compiti facili; ma la differenza tra statisti e tecnici sta, deve stare, proprio qui: tra chi è in grado di essere lungimirante, di immaginare, concepire, gettare le basi per un nuovo, grande progetto europeo (o, se si preferisce, per rilanciare quello originale che pare aver deviato bruscamente dalla sua strada), e chi si limita all’applicazione di regole e parametri, non si sa quanto ragionevoli, facendosi apostolo di una sorta di dittatura dei crudi numeri della contabilità. Statisti e Politici (volutamente con la P maiuscola) d’Europa, se ci siete, è il momento di battere un colpo.


Riferimenti: