Inebriato dalle celebrazioni
della Leopolda, che hanno promosso il renzismo a via maestra (ed unica) per la
cura di un paese malato, sospinto dai consigli dello spin-doctor londinese con
interessi economici sparsi in qualsiasi parte del mondo tranne che in Italia,
sostenuto da un general manager che “delocalizza” sedi legali per avere
vantaggi fiscali, benedetto da Confindustria e difeso coi denti e con le unghie
dalle sue ancelle pronte a sacrificarsi per farsi notare dal capo (Picierno
docet), Renzi deve aver perso per strada il contatto con il paese reale. Accade
spesso agli uomini soli al comando convinti, dal proprio ego e dalle rispettive
corti, di avere sempre ragione su tutto. E guai al pazzo che osa porre domande
o questioni specifiche… è semplicemente un eretico che non vuole comprendere
dove stia la “verità” e può essere liquidato in pochi secondi con qualche
simpatica freddura.
Le manifestazioni, le
manganellate, le proteste, le minoranze che osano porre “problemi” sono viste
come semplici fastidi da rimuovere al più presto, o da nemmeno considerare,
inventandosi qualcuno o qualcosa a cui dare la colpa. In questo, purtroppo, il
buon Matteo ricorda molto chi l’ha preceduto per vent’anni a Palazzo Chigi.
C’era sempre qualche dissidente, qualche comunista o qualche cariatide da
incolpare per i mancati successi o, per dirla in maniera più sensata, per le
proprie cazzate. “Le leggi si fanno in Parlamento, non con i sindacati”... verità
tecnicamente ineccepibile, peccato che essi rappresentino, nonostante il
fastidio di Renzi, una notevole fetta dei lavoratori italiani (e magari degli
elettori Pd) e che sia doveroso un confronto serio anche con loro. Tra l’altro
come può giustificare il premier questo slancio di amore per il ruolo
legislativo del Parlamento quando, ad ogni occasione in cui non ci si sente
sicuri dei numeri, si pone la fiducia sulla conversione in legge di qualche
Decreto (non ultima sul Decreto Sblocca Italia)? Non è anche questo un atto che
di fatto esautora il Parlamento dalle proprie funzioni?
“C’è qualcuno che sul lavoro
vuole spaccare il paese”... ma chi, finora, ha avuto i toni più sprezzanti e
dequalificanti nei confronti di qualsiasi interlocutore non allineato? Chi
finora, col proprio atteggiamento, sta ulteriormente dividendo un paese tra
“seguaci” e “non seguaci”? Tra “giusti” e “vecchi da rottamare”? Senza contare
che finora l’iniqua azione di governo non sta dando la minima risposta al
continuo aumento delle divaricazioni e delle fratture sociali: il ricco sempre
più ricco, il povero sempre più povero, il poliziotto che diventa il nemico del
manifestante, il precario nemico dell’assunto a tempo indeterminato. Renzi, con
la boria dell’uomo che non deve chiedere mai, non sta rispondendo a nessuna
delle istanze che arrivano da chi sta soffrendo più di tutti la crisi. Non sono
certo i Serra, i Marchionne o gli Squinzi quelli da ascoltare con maggiore
attenzione ma finora il nostro Matteo si preoccupa più di visitare le dirigenze
di fabbriche appositamente svuotate degli operai (come a Brescia) piuttosto che
confrontarsi direttamente con le fasce deboli della società. Non è, oltretutto,
occupando le televisioni che si
risolvono i problemi del paese. Certo, andando nel salotto della D’Urso si
guadagna il sostegno della fascia demenzial-italiota della domenica pomeriggio,
ma non si fa ripartire un paese in ginocchio. La tecnica è già
stata vista per vent’anni, ora basta. Basta con gli slogan e le battute, all’Italia
servono politici seri, non cabarettisti. Il trio Renzi-Berlusconi-Grillo, leader
alla guida dei 3 principali partiti italiani, è qualcosa di agghiacciante.
Si lascino da parte le campagne
pubblicitarie in perfetto stile Cavaliere, così come l’agenda delle riforme
dettata da Arcore, e ci si confronti con le fasce più sofferenti di questo
sgangherato paese. Solo unendo la nazione si possono affrontare passi
difficili, ma nel contesto attuale lo spirito unitario non si vede nemmeno all’orizzonte.
E c’è poi il dovere morale di non garantire a Berlusconi il ruolo di padre
costituente della nuova Italia. E’ un insulto alla nazione (e un godimento per
Silvio) constatare che Sacconi e Verdini siano più influenti adesso di quando
erano al governo e siano i punti di riferimento del dialogo per le riforme. Direi
che, nonostante i vanti, non ci siamo proprio...
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