Autore: Emiliano Bonatti
Scorrendo i dati pubblicati dal SIPRI, una delle fonti più attendibili in tema di monitoraggio del commercio internazionale di armamenti, sembra di percepire lontane reminiscenze da “guerra fredda”, seppur decisamente annacquata. Certo il bipolarismo crollato assieme al muro di Berlino non potrà mai risorgere ma la Russia di Putin, ormai da qualche anno, si è assestata come principale concorrente degli Stati Uniti nell’esportazione di armi convenzionali a livello mondiale.
Nella classifica dei “top 5” dell'anno 2012 gli eredi delle due ex superpotenze staccano abbondantemente gli altri principali esportatori, lasciando al terzo posto una Cina che “arranca” a miliardi di dollari di distacco.
La situazione, sempre per l'anno 2012, riguardante i principali paesi importatori è invece rappresentata nel grafico seguente.
La situazione, sempre per l'anno 2012, riguardante i principali paesi importatori è invece rappresentata nel grafico seguente.
Al di la dei valori assoluti, diventa molto interessante capire quali siano le direttrici, e quindi le sfere di influenza, attraverso le quali i due protagonisti della guerra delle armi espandono la propria rete di vendita. La seguente mappa mostra, in rosso e azzurro, i 10 principali aquirenti di Usa e Russia (clicca per ingrandire).
Come si può notare a parte gli Emirati Arabi Uniti (in giallo), dove comunque gli Stati Uniti esportano circa 10 volte quanto esportato da Mosca, non esistono altre zone in cui ci sia concorrenza diretta nella vendita di armi. Si assiste ad una specie di "spartizione" del mondo che porta la Russia ad assumere il ruolo di fornitore di nazioni che non rientrano nella sfera d'influenza statunitense. L'India, ad esempio, primo Stato per importazione di armi del 2012, versa nelle casse delle industrie belliche russe più dell'80% dei 5 miliardi di dollari spesi.
Se richiami alla guerra fredda sembrano di fatto azzardati, stiamo comunque assistendo ad un testa a testa su scala globale tra "vecchi amici" che si ritrovano di fronte nel tentativo di dividersi il globo. Non più con obiettivi di contenimento reciproco, ma con pesanti finalità commerciali. D'altro canto, il mezzo rimane lo stesso: le armi portavano peso politico, influenza e posizioni strategiche all'epoca della cortina di ferro mentre ora, in un mondo profondamente diverso, aggiungono il rilievo di guadagni miliardari.
La Russia ha riconquistato di fatto una posizione rilevante nello scacchiere internazionale (dopo aver rischiato di finire ai margini del mondo nel periodo di transizione seguito al crollo dell'Unione Sovietica) anche grazie alla crescita esponenziale della produzione/esportazione di armamenti a cui va aggiunto, a partire dal 2002, un aumento annuo del 20% delle spese di potenziamento delle proprie forze armate (la media Usa è del 7%). Di certo la posizione di leadership degli Stati Uniti, e la capacità di intervento pressochè globale, appare ad oggi non scalfibile ma Putin, da ex agente KGB, conosce perfettamente il fondamentale nesso tra potenza militare e "peso" a livello internazionale.
Proprio gli americani, d'altronde, da questo punto di vista sono ottimi maestri.
La Russia ha riconquistato di fatto una posizione rilevante nello scacchiere internazionale (dopo aver rischiato di finire ai margini del mondo nel periodo di transizione seguito al crollo dell'Unione Sovietica) anche grazie alla crescita esponenziale della produzione/esportazione di armamenti a cui va aggiunto, a partire dal 2002, un aumento annuo del 20% delle spese di potenziamento delle proprie forze armate (la media Usa è del 7%). Di certo la posizione di leadership degli Stati Uniti, e la capacità di intervento pressochè globale, appare ad oggi non scalfibile ma Putin, da ex agente KGB, conosce perfettamente il fondamentale nesso tra potenza militare e "peso" a livello internazionale.
Proprio gli americani, d'altronde, da questo punto di vista sono ottimi maestri.