Autore: Emiliano Bonatti
Si sentiva decisamente la
mancanza, tra le "perle" di autocommiserazione del pregiudicato
Berlusconi, di un qualsivoglia riferimento all'Olocausto. Ed ecco che dall'ex premier
arriva, per non farci mancare nulla, una delle uscite più disgustose di una
carriera già costellata di boutades di infimo livello. Nell'ormai consueta e
terribile presentazione di un libro di Bruno Vespa esce l'agghiacciante frase:
"i miei figli dicono di sentirsi come dovevano sentirsi le famiglie ebree
in Germania durante il regime di Hitler." Ho pensato, da subito, di aver capito
male, di aver letto male. Lo speravo, pensando che anche un losco figuro come
Berlusconi potesse avere un limite, quantomeno quello imposto dalla decenza. E
invece no, era proprio così. Una bella famigliola di ricconi, di ragazzi che
amministrano società, che viaggiano su elicotteri, protetti dalle scorte e dal
paradiso dorato garantito dal padre, paragonata alle famiglie ebree
perseguitate dal regime nazista!! Spero che i figli del buon Silvio abbiano il
coraggio di prendere le distanze da una simile vergognosa dichiarazione. Cosa
possono avere in comune loro, con i milioni di "figli" dell'Olocausto?
Cosa può avvicinare la loro storia a quella di chi ha subito il male assoluto
della Shoah? Cosa può mai avvicinare Barbara o Marina Berlusconi ad Anna Frank?
Assolutamente nulla, se non l'ormai conclamata follia di un pluri-indagato che
tenta in ogni modo di accreditarsi agli occhi dell'opinione pubblica come il
più perseguitato degli italiani. Nulla, se non l'acclamarsi della peggiore
stortura che il berlusconismo ha portato nella società italiana: la distruzione
del rispetto. Il rispetto delle regole, il rispetto degli altri e, in questo
atroce caso, il rispetto della storia, della memoria e della vita. Il rispetto,
semplicemente, non esiste più.
Il soggetto, come da prassi, ha
subito giocato la carta della "manipolazione" e della "polemica
strumentale", come se la frase l'avesse detta un passante e fosse stata a
lui attribuita da qualche giornalista comunista. Altrettanto veloce è stata la
levata di scudi dei suoi accoliti che accusano il resto del mondo di avercela
con quel pover'uomo. Anche i suoi fedelissimi, però, in questo caso avrebbero
dovuto avere quantomeno la decenza di tacere. Quella frase è un insulto alla
memoria dell'umanità intera. Alla memoria di quegli uomini e quelle donne che,
come diceva Primo Levi, nei lager cessavano di essere uomini e diventavano, per
mano di altri uomini, semplici "numeri", "animali" da utilizzare come forza
lavoro o, semplicemente, da sterminare. Questa, caro Silvio, non è tollerabile.
Immagino già le obiezioni di
qualcuno che sosterrà come ogni frase di Berlusconi venga utilizzata per
attacchi politici volti alla sua uscita di scena. Mi permetto di contestare
preventivamente che in questo contesto la faida politica non entri minimamente.
Un personaggio pubblico non può esternare le proprie opinioni come se fosse un
qualunque cittadino seduto al bar davanti ad un caffè. Le storture del '900
sono un patrimonio comune dell'umanità e spetta proprio ai personaggi pubblici
utilizzarle per evitarne l'oblio e far sì che simili abomini non si ripetano.
Un ex presidente del Consiglio che prenda posizioni di un certo tipo, deve
semplicemente assumersene la responsabilità. Non basta ricordare qualche
"dichiarazione di amicizia" verso Israele per lavare simili scemenze.
Parafrasando Levi: "Se
comprendere è impossibile, conoscere è necessario, perché ciò che è accaduto
può ritornare". Il suo capolavoro è a disposizione di tutti per ricordarsi
che "questo è stato" e realizzare quanto penosa sia l'uscita di
Berlusconi.
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