Il tentativo di colpo di Stato da parte dell'esercito turco
(o di una sua parte) è fallito goffamente nel giro di poche ore, permettendo ad
un trionfante Erdogan di rientrare in patria dopo aver atteso al sicuro
l'evolversi della situazione, con un
coraggio da leone, sorvolando i cieli di mezza Europa. I caduti paiono
circa 300, di cui meno di un centinaio civili, ma il tutto poteva trasformarsi
in una carneficina proprio grazie all'invito sconsiderato dello stesso Erdogan
rivolto ai turchi affinchè manifestassero in piazza a suo favore. Una specie di
"armiamoci e partite" in salsa turca che avrebbe potuto mandare al
massacro centinaia di innocenti, se solo le forze golpiste avessero deciso di
aprire il fuoco in maniera pesante sui manifestanti. Fortunatamente i soldati,
dimostrando una statura diversa da quella del leader turco, si sono rifiutati
di usare violenza contro i propri connazionali, cosa che Erdogan non s'è certo
risparmiato dal fare in diverse manifestazioni di piazza.
Per valutare se il fallimento del colpo di Stato sia un bene
o un male per il futuro della Turchia e degli equilibri strategici europei e
mondiali, bisognerà attendere di capire chi si muovesse realmente dietro a
questo tentativo di rovesciare il governo turco. Erdogan ha accusato
immediatamente l'ex alleato islamista, Fetullah Gulen, di essere il burattinaio
nascosto dietro le quinte e, se così fosse, l'esito della vicenda sarebbe senza
dubbio positivo. Un'ulteriore accelerazione della distanza da una Stato laico,
ancora più potente di quella già intrapresa dallo stesso Erdogan, sarebbe stato
un problema per tutto lo scacchiere medio-orientale, con l'Isis alle porte
della Turchia e già capace di compiere attentati sul territorio turco senza
particolari problemi. Appare però fin troppo facile accusare un personaggio
che, per quanto potente possa essere, vive in esilio dall'altra parte del mondo
da ormai 16 anni. Ed appare altrettanto facile e redditizio accusare qualcuno
più "estremista" per sembrare agli occhi del mondo il salvatore della
democrazia turca. Nel quadro generale, dunque, pare esserci qualcosa che non
torna tant'è che anche il Governo americano ha chiesto a Erdogan di fornire adeguate
prove che dimostrino il coinvolgimento di Gulen, che vive negli Stati Uniti dal
1999.
Se invece l'esercito si fosse mosso nel rispetto del ruolo
ormai istituzionalizzato nella realtà turca di garante della laicità dello
Stato e dei diritti civili, in difesa dell'ideale di Turchia di Ataturk, lo
scenario sarebbe completamente rovesciato. Erdogan, nella sua strana concezione
di democrazia, ha di fatto virato verso l'islamizzazione delle istituzioni
deviando profondamente dalla strada di un paese laico e moderno. Ha
"giocato" con Isis, dapprima appoggiandolo sottobanco in chiave anti
curda, poi scaricandolo ufficialmente a seguito delle pressioni occidentali
subendo la rappresaglia del califfato che senza grossi problemi ha scatenato
l'inferno con diversi attentati sul suolo turco. Ha soffocato con la violenza
diverse manifestazioni di dissenso interne, con un pesante giro di vite nella
libertà di espressione. Ha ricattato i paesi europei sfruttando la disperazione
delle masse di migranti e le paure europee, ottenendo dall'UE fiumi di euro per
non scaricare il problema direttamente ai nostri confini, tirando sempre più la
corda per ottenere maggiori benefici. Insomma, la Turchia di Erdogan in questo
momento non è certo un fulgido esempio di democrazia, quantomeno nell'accezione
di democrazia occidentale. Ne tantomeno appare come un partner affidabile per i
paesi europei o per gli Stati Uniti. Lo dimostra il tentennamento, durante la
notte di scontri, da parte di tutte le principali Cancellerie che hanno atteso
ore prima di decidere quale parte in campo sostenere. Molto probabilmente diversi
leader, senza poterlo dire apertamente, hanno sperato che il golpe riuscisse.
Dallo strettissimo punto di vista della
Realpolitik una Turchia in mano all'esercito, se mosso realmente nel
ruolo di garante contro derive islamiche/islamiste, garantirebbe maggiore
stabilità, un maggior impegno contro Isis, una più rigorosa gestione dei flussi
migratori e un partner più affidabile e vicino all'Occidente.
L'unica realtà concreta, al momento, è però il fallimento
del golpe che restituisce un Erdogan sicuramente più forte e assetato di
vendetta. Il popolo pare essere con lui, anche se buona parte dei giovani
turchi che hanno spesso manifestato nelle piazze la pensa in maniera totalmente
diversa. La reazione contro i "traditori" si attende cruenta e sarà
interessante valutare la conseguente posizione dei Governi mondiali circa la
violazione dei diritti umani in caso di punizioni esemplari. La situazione
nello scacchiere mediorientale è già altamente intricata di suo, una Turchia
nel caos peggiorerebbe ulteriormente lo scenario, con pesanti ripercussioni
sopratutto per i paesi europei.
2 commenti:
Egr. Emiliano mi sono permesso di ripendere il suo articolo e pubblicarlo nel mio blog, ovviamente riportando autore e link attivo. Spero non ci siano problemi. Cordiali saluti Qui il link: http://umbvrei.blogspot.com/2016/07/colpo-di-stato-fallito-in-turchia-un.html
Assolutamente nessun problema.
Saluti.
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