"In un regime totalitario gli idioti ottengono il potere con la violenza e gli intrighi... in una democrazia, attraverso libere elezioni..."

sabato 21 settembre 2013

DOMESTIC TROUBLES

Autore: Emiliano Bonatti



Il sito statunitense del Guardian, nell'edizione di ieri, riporta una news alquanto agghiacciante: nel gennaio del 1961 gli Stati Uniti sono stati vicinissimi all'auto-infliggersi un attacco nucleare di immane portata. La notizia non regala certo novità nel novero dei potenziali incidenti, veri o presunti, di cui è ricca la storia della Guerra Fredda. Questa volta, però, il report proviene da documenti ufficiali, finalmente "declassified", raccolti dal giornalista Eric Schlosser durante la preparazione del suo libro Command and Control, dedicato alla corsa agli armamenti nucleari.

Il 23 gennaio del 1961 un bombardiere B-52, partito dalla base dell'Us Air Force di Goldsboro (Nord Carolina) per un volo di routine, perde a causa di un improvviso cedimento strutturale il proprio carico di 2 bombe all'idrogeno classe "Mark 39" dal potere esplosivo di 4 megatoni. Un simile potenziale avrebbe portato ad un "fallout" radioattivo tale da coinvolgere diverse tra le principali città dell'est degli Stati Uniti come Washington, Baltimora, Filadelfia e New York.  Una delle due bombe cadde in un campo vicino alla località di Faro, senza però toccare terra a causa del paracadute impigliato nei rami di un albero. La seconda bomba, invece, arrivò in un prato non molto lontano dal luogo di caduta della prima. Il meccanismo di innesco della bomba aveva già iniziato il proprio percorso e solo grazie al funzionamento di un piccolo sistema di controllo a basso voltaggio è stato evitato il disastro. Il problema, secondo alcuni esperti, è che solo uno dei 4 meccanismi di sicurezza deputati ad evitare esplosioni involontarie ha funzionato correttamente lasciando seri dubbi su quanto sostenuto dalle autorità americane in quegli anni circa l'assoluta sicurezza per i propri cittadini rispetto all'arsenale nucleare a disposizione del Pentagono.

Le polemiche si stanno ovviamente concentrando sulla questione specifica, con lo scontro tra i sostenitori della tesi dei rischi catastrofici a cui sono stati sottoposti i cittadini americani e chi invece sostiene che i meccanismi di lancio e di innesco delle bombe nucleari fossero talmente complessi da poter escludere con certezza ogni rischio per la popolazione all'interno dei confini degli States. Il sottoscritto non ha, ovviamente, la preparazione tecnica adatta per sposare una delle due tesi. E' però abbastanza ironico rendersi conto che il popolo statunitense, terrorizzato in quegli anni da possibili invasioni o lanci di testate atomiche russe, angosciato nell'ottobre dell'anno successivo da uno degli episodi di maggior tensione di tutta la Guerra Fredda (la crisi dei missili a Cuba - 1962), non si rendesse conto che i rischi maggiori per la propria sicurezza provenissero da eventuali incidenti "domestici".

L'equilibrio di potenza, al di là dei ciclici picchi di tensione, garantiva una situazione per cui nessuno dei capi di Stato delle due parti sarebbe mai stato così folle da premere un grilletto che avrebbe portato alla distruzione del globo. Gli eventi, dunque, erano tendenzialmente controllabili tramite la diplomazia o l'esibizione della forza potenziale da mettere in campo. 

Un "incidente", invece, sarebbe stato decisamente meno controllabile...    


Nessun commento: