"In un regime totalitario gli idioti ottengono il potere con la violenza e gli intrighi... in una democrazia, attraverso libere elezioni..."

martedì 28 ottobre 2014

KURDISTAN INDIPENDENTE = STABILITA' IN MEDIO ORIENTE?

Autore: Angelo Paulon



Un popolo che da oltre un secolo si batte per vedere riconosciuto il diritto ad avere un proprio Stato. Circa 35 milioni di persone che, suddivise tra Iran, Iraq, Siria e soprattutto Turchia, aspirano all’indipendenza nazionale, negata loro dai governi degli Stati che li ospitano, che (con il tacito accordo delle grandi potenze, USA in primis) sovente hanno adottato politiche repressive e di discriminazione razziale volte addirittura a negare del tutto l’identità e l’esistenza stessa di un popolo. Con tutti i mezzi a propria disposizione: mass media, forze armate, istituzioni culturali e scolastiche, torture, reclusione.
Eppure oggi, come forse mai prima d’ora, il tema del Kurdistan indipendente è di estrema attualità. Anzi, si potrebbe affermare che, in Medio Oriente, l’emergere de facto di un’entità politica curda è uno degli sviluppi più importanti e potenzialmente ricchi di interesse. Certamente il ruolo svolto dai combattenti peshmerga sul terreno, a Mosul come a Kobane, per contrastare l’avanzata dell’IS in Iraq e in Siria contribuisce a mantenere alta l’attenzione sulla questione curda. Non è però questo il tema che trattiamo qui, sebbene sia innegabile che l’ondata di simpatia e di interesse per i curdi sia destinata inevitabilmente a scemare nel momento in cui lo Stato Islamico venisse sconfitto o si verificasse qualche altro scenario di crisi internazionale in grado di soppiantare, almeno sui media, le aberranti azioni del Califfato.

Cercando di ampliare l’orizzonte del ragionamento, si potrebbe realmente pensare alla nascita di un Kurdistan indipendente e riconosciuto all’interno del consesso delle Nazioni Unite? È ovvio che una simile idea non viene neppure concepita dalla Turchia, né dai governi degli altri Stati che ospitano sul loro territorio ampie minoranze di popolazione curda. Questi paesi si opporrebbero con grande forza a tale ipotesi. Ed è altrettanto lampante che si tratterebbe di uno sconvolgimento geopolitico di portata enorme; molto maggiore, ad esempio, della nascita di uno Stato palestinese accanto a Israele.
Sconvolgimento che avrebbe conseguenze per tutti gli attori rilevanti della regione, nonché per le grandi potenze: USA, Russia, Cina dovrebbero per forza ricollocare le loro pedine sullo scacchiere, anche semplicemente considerando che l’area è una delle più ricche di petrolio del globo. È però vero che una certa forma di autogoverno i curdi ce l’hanno già. In forme, peraltro, molto diverse: il Kurdistan iracheno gode di autonomia politica già dalla fine del regime di Saddam Hussein; i curdi siriani devono invece la loro autonomia di fatto essenzialmente all’esplodere della guerra civile. Cosa potrebbe accadere se questa autonomia politica di fatto si trasformasse in vera sovranità politica e territoriale? Quali vantaggi potrebbero derivarne, non solo per i curdi, ma per l’intero Medio Oriente?

Uno Stato del Kurdistan che andasse dal confine Iran-Iraq alla Siria, e che magari comprendesse anche alcune aree curde attualmente facenti parte della Turchia potrebbe davvero giocare un ruolo di stabilizzatore del Medio Oriente. in particolare in Siria, una divisione del territorio che tenesse conto delle linee etnico-religiose (curdi, alawiti, sunniti) potrebbe consentire a ciascun gruppo di controllare porzioni di territorio omogenee, con confini più difendibili e maggiori probabilità di alleviare l’atroce situazione umanitaria di quel paese.Lo stesso principio, applicato all’Iraq, potrebbe dare esiti analoghi. E porre fine una volta per tutte all’obbrobrio dei confini disegnati con righello e squadra sulle carte geografiche agli inizi del XX° secolo, dagli accordi Sykes-Picot in avanti, senza tenere nel benché minimo conto la reale situazione etnica, religiosa, linguistica di quelle terre.

I vantaggi di uno stato curdo indipendente non si limiterebbero all’aspetto umanitario, ma potrebbero dipanarsi anche sul piano economico. Se ad esempio, come suggerisce Moshe Dann sul “Jerusalem Post”, si costruisse una condotta che, attraverso il Kurdistan, portasse acqua potabile dal Sud-Est della Turchia fino ai deserti disabitati della Giordania orientale e dell’Iraq occidentale, si potrebbe dar vita a un’oasi. Che garantirebbe cibo e posti di lavoro a milioni di persone, gettando le basi per lo sviluppo economico della regione e la sua stabilizzazione politica. Non solo: un Kurdistan indipendente e, magari, governato da istituzioni democratiche (anche se sappiamo bene quanta difficoltà vi sia nel tentare di riproporre modelli di forma di governo prettamente occidentali in altre aree del mondo), potrebbe diventare un baluardo contro le minacce iraniane e contenere la Russia nella regione del Mar Caspio e del Mar Nero e persino i talebani in Afghanistan, affrancando al tempo stesso l’Europa dalla sua dipendenza energetica dalla Russia. E rappresenterebbe anche una forza contro gli estremisti islamici, jihadisti, islamisti, Fratelli Musulmani. (“A strong Kurdish state will be a bulwark against Iranian threats. It will help contain Russia in the Black/Caspian Sea region and the Taliban in Afghanistan. It will release Europe from its dependence on Russian energy sources. It will be a force against Muslim extremists – jihadists, Islamists, Muslim Brothers, etc”).

Naturalmente, a questi potenziali vantaggi si potrebbe controbattere con molti, solidi argomenti a sfavore. Uno su tutti: i curdi non sono un gruppo etnico monolitico e compatto. La loro storia è storia di centinaia differenti tribù, clan e di grandi conflittualità tra essi.
E c’è anche una grande frammentazione politica: i vari partiti (dal KDP al PUK, che operano nell’Iraq del Nord, al PKK che fu di Ocalan e guidò la lotta per l’indipendenza curda in Turchia anche con il terrorismo, al PDKI dell’Iran, e altri) sono spesso ai ferri corti tra loro, e il fatto che ora facciano tutti fronte comune contro l’IS non può certo essere visto come un segnale che le tensioni siano terminate. Dunque, niente di più fuorviante che pensare ai curdi come a un’entità compatta in grado di creare uno Stato idilliaco che contribuirebbe, come per magia, a portare pace e prosperità nel Medio Oriente.

Ma è anche vero che, a volte, pensare fuori dagli schemi può aiutare a trovare soluzioni a problemi che sembrano irrisolvibili. E in questo momento non sembrano esserci poi molte altre alternative valide per stabilizzare l’area…

Nessun commento: